Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari portano in scena uno spettacolo che è valso a Berardi il Premio Ubu come miglior attore/performer: un affresco tragicomico che gioca sui paradossi, gli ossimori e le contraddizioni del nostro tempo.
Sul palco un attore e una regista che lo sprona a superare la crisi che lo affligge e a recitare per l’ultima volta il loro Amleto. Inizia così un viaggio tra finzione e realtà, teatro e vita, in una corrispondenza ironica e poetica tra le vicende del giovane attore italiano e quelle del principe danese.
Mentre in scena si rievocano il rapporto di Amleto con i suoi familiari, la crisi e la pazzia, avanzano strettamente connesse le vicissitudini dell’attore: il rapporto con il padre, la scoperta della malattia che lo conduce alla cecità, le difficoltà e il disagio di vivere in un’epoca in cui non ci si riconosce, il rapporto con il mondo del lavoro teatrale, la scoperta dell’amore…
Una riflessione ironica e amara che nasce dall’osservazione e dall’ascolto della realtà circostante, dove “tutto è rovesciato, capovolto, dove l’etica è una banca, le missioni sono di pace e la guerra è preventiva”. Simbolo del dubbio e dell’insicurezza, icona del disagio e dell’inadeguatezza, l’antieroe shakespeariano è il personaggio ideale cui affidare questa indagine.
Ma l’Amleto di Amleto take away è un perdente consapevole, un numero nove ma con la maglia dell’Inter di qualche anno fa, portato alla follia dalla velocità, dalla virtualità e dalla pornografia della realtà. È in seria difficoltà circa il senso delle cose, travolto da una crisi così generalizzata e profonda da mettere a repentaglio storie solide e consolidate come il suo rapporto d’amore con Ofelia e con il teatro.
È un Amleto che inizia il suo celebre soliloquio con To be or FB, that is the question.
Tariffe
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