Montalenghe è un grazioso paesino in posizione collinare, tra boschi di castagne e acacie, sulla morena meridionale dell’Anfiteatro morenico d’Ivrea a poca distanza da Agliè e San Giorgio e dal Parco naturale del Lago di Candia.
Con gli alberi ha sempre avuto un rapporto speciale: era noto, nell’Ottocento e nel primo Novecento, per la produzione dei manici di frusta che venivano realizzati in legno di bagolaro, coltivato nella zona. Come in molte zone del Canavese, anche qui era diffusa a coltivazione della canapa da cui venivano ricavate le “Caplere”, copricapi di canapa intrecciati a mano da abili lavoratrici. Queste antiche attività artigianali oggi sono andate perse ma vengono ricordate durante il Carnevale da Guiandin e la Caplera, i protagonisti della festa.
Un secolare cedro dell’Atlante svetta sulla collina di Montalenghe. Ha trecento anni, un diametro di tredici metri e una particolarità: anziché un unico possente tronco si dirama in otto grandi branche che partono da livello del terreno. La sua altezza, 36 metri, lo rende protagonista del panorama: da vicino purtroppo non lo si può vedere, perché collocato nei giardini non accessibili al pubblico della villa dell’associazione San Giuseppe Cafasso.
Il nome deriva probabilmente dall’unione di "Monte" con il patronimico tedesco Adeling o Allo. I primi documenti in cui viene nominato Montalenghe risalgono al 12° secolo dove Guido, conte del Canavese nel 1156 cede il controllo sul ponte della Dora di Mazzè, che metteva le terre canavesane in comunicazione col Vercellese, ad un consorzio, probabilmente signorile, di personaggi provenienti dall’area di S. Giorgio, Montalenghe e Agliè.
Con gli alberi ha sempre avuto un rapporto speciale: era noto, nell’Ottocento e nel primo Novecento, per la produzione dei manici di frusta che venivano realizzati in legno di bagolaro, coltivato nella zona. Come in molte zone del Canavese, anche qui era diffusa a coltivazione della canapa da cui venivano ricavate le “Caplere”, copricapi di canapa intrecciati a mano da abili lavoratrici. Queste antiche attività artigianali oggi sono andate perse ma vengono ricordate durante il Carnevale da Guiandin e la Caplera, i protagonisti della festa.
Un secolare cedro dell’Atlante svetta sulla collina di Montalenghe. Ha trecento anni, un diametro di tredici metri e una particolarità: anziché un unico possente tronco si dirama in otto grandi branche che partono da livello del terreno. La sua altezza, 36 metri, lo rende protagonista del panorama: da vicino purtroppo non lo si può vedere, perché collocato nei giardini non accessibili al pubblico della villa dell’associazione San Giuseppe Cafasso.
Il nome deriva probabilmente dall’unione di "Monte" con il patronimico tedesco Adeling o Allo. I primi documenti in cui viene nominato Montalenghe risalgono al 12° secolo dove Guido, conte del Canavese nel 1156 cede il controllo sul ponte della Dora di Mazzè, che metteva le terre canavesane in comunicazione col Vercellese, ad un consorzio, probabilmente signorile, di personaggi provenienti dall’area di S. Giorgio, Montalenghe e Agliè.